Inchiesta del Senato Usa....."La Russia dietro l'elezione di Trump nel 2016"

09.11.2020

Tre anni di indagini, un rapporto di mille pagine e una conclusione: nel 2016 c'è stata una grande rete di contatti tra la Russia di Putin e diversi consiglieri della campagna elettorale di Donald Trump .

 L'atteso rapporto della commissione Intelligence del Senato (dove il partito repubblicano ha la maggioranza) ha dato un imprimatur 'bipartisan' ai sospetti che da tre anni accompagnano la Casa Bianca; il cosiddetto Russiagate non è un'invenzione dei media ma una precisa strategia coordinata dal Cremlino che, attraverso funzionari del governo russo e agenti segreti di Mosca in contatto con la campagna di Trump, ha cercato di sabotare il risultato elettorale. 

(fonte La Repubblica)



Il rapporto si basa sulle dichiarazioni di oltre 200 testimoni e la revisione di oltre un milione di documenti. L'indagine del Senato ha scoperto che altre due persone che si sono incontrate alla Trump Tower nel 2016 con stretti consiglieri della campagna di Trump - oltre a Manafort il genero del presidente Jared Kushner, e Donald Trump Jr., il figlio maggiore di The Donald - avevano "legami significativi con il governo russo, compresi i servizi segreti russi".

"Verifica su divulgazione di informazioni top secret". 

"L'Fbi è venuta a conoscenza"delle nuove mail "gestendo un caso non collegato" spiega ancora Comey nella missiva al Congresso, che non chiarisce da dove provengano le mail che hanno indotto l'Fbi a riaprire l'indagine, né chi le abbia inviate o ricevute. 

Le nuove mail sono state scoperte sui dispositivi elettronici che i federali hanno sequestrato a una collaboratrice di Hillary Clinton, Huma Abedin, e a suo marito, l'ex membro del Congresso Anthony Weiner.

C'è poi un anonimo esponente dell'amministrazione americana "informato sui fatti" ma "non autorizzato a parlarne pubblicamente" che dichiara all'Ap che le mail che hanno portato l'Fbi a riaprire il caso "non provengono dall'account privato" di Hillary 

Ma è un colpo durissimo soprattutto alle ambizioni presidenziali di Hillary Clinton, a dieci giorni dalle elezioni a cui si stava avvicinando col netto favore dei pronostici. 

Durante il comizio, Hillary afferma che "tutto può succedere, Trump può ancora vincere", senza fare riferimento diretto al meteorite Weiner.

Dalla Casa Bianca un portavoce fa sapere che l'amministrazione non è stata "preventivamente avvertita" dall'Fbi di quanto stesse incombendo, sottolineando poi che "l'inchiesta non pregiudica il sostegno di Obama a Hillary". Il Dipartimento di Stato si dice pronto a offrire "piena collaborazione" all'indagine dei federali. E lo speaker repubblicano della Camera dei Rappresentanti, Paul Ryan, rinnova la richiesta ai vertici dell'intelligence americana di interrompere il flusso di informazioni classificate indirizzato a Hillary Clinton in qualità di candidata alla presidenza degli Usa "finché la vicenda non sia stata chiarita". 

Il candidato repubblicano Donald Trump dall'Ohio insisteva ancora sull'apertura di un'inchiesta federale su di lei. Desiderio finalmente esaudito e corsa alla successione di Obama che torna in gioco. E' praticamente in diretta, durante un comizio a Manchester, in New Hampshire, che Trump annuncia la riapertura dell'indagine, accolta dall'ovazione dei suoi sostenitori. "Ho grande rispetto per il coraggio dimostrato dall'Fbi nel correggere il terribile errore commesso" in precedenza sulle mail di Clinton, dice Donald, accusando la rivale democratica di "corruzione su una scala mai vista prima" e di voler "portare il suo schema criminale nello studio ovale.  


Manipolazione social delle presidenziali USA, Facebook dovrà spiegare il proprio ruolo.

L'ex data scientist di Cambridge Analytica Cristropher Wylie ha confermato - qui la videointervista al Guardian - che i dati di 50 milioni di utenti Facebook americani sono stati raccolti ed utilizzati per manipolare gli elettori tramite una sapiente opera di political advertisement personalizzata e targettizzata: "Abbiamo sfruttato Facebook per raccogliere i profili di milioni di persone. E abbiamo costruito modelli per sfruttare quello che sapevamo su di loro e per prendere di mira i loro demoni interiori "

Il problema è che a questi 50 milioni di cittadini non era stato chiesto il consenso per un simile utilizzo dei loro dati. Di più, essi erano totalmente ignari di essere spiati e di essere oggetto di messaggi personalizzati; non sapevano di essere manipolati

In tutta questa storia, Facebook ha sempre assunto la parte del soggetto strumentalizzato. Al punto che venerdì scorso il tech-giant di Menlo Park ha emanato un comunicato in cui annunciava la sospensione di Cambridge Analytica dal social network per violazione delle regole della piattaforma.

Il sospetto è che Facebook fosse al corrente di tutto sin dalla fine 2015 e che non abbia fatto molto affinché gli utenti non fossero indebitamente manipolati da una società di consulenza al soldo di un think tank conservatore di respiro internazionale. 


Quali dati vengono immagazzinati e utilizzati per "profilare" un utente? Tutti. Dai classici "mi piace" (facendo bene attenzione a quali post sono graditi dagli utenti), ai post più commentati, dai luoghi frequentati fino alle abitudini (da dove si condivide). L'enorme mole di dati raccolti viene elaborata per cercare di creare un profilo per ciascun utente. In quale modo? Utilizzando algoritmi e modelli baandosi anche sulla psicometria, l'indagine psicologica che tende alla valutazione quantitativa dei comportamenti. Accanto a questi dati (elaborati in modo scientifico) ci sono le informazioni acquistate dalle società che le raccolgono e le vendono sul mercato. Un esempio? Quando ci registriamo a qualche sito per acquistare il biglietto per un concerto o un libro, giriamo diverse informazioni al sito dando il nostro consenso al loro trattamento. Se considerate che oltre a queste operazioni ne facciamo molte altre, online, dal guardare un sito di informazione o spedire delle e-mail, pianificare un viaggio o fare altri tipi di ricerche, magari cercando il prezzo di un oggetto che ci piace, il gioco è fatto. Coi nostri comportamenti abbiamo permesso a qualcuno di raccogliere miglaia di informazioni su di noi. E quei dati, statene certe, saranno utilizzati. A nostra garanzia c'è il fatto che quelle informazioni sono anonime, cioè non riconducibili a una persona specifica. Ma certe aziende lavorano così bene che è facile pensare che riescano, incrociando i dati, a scoprire chi siamo, cosa facciamo e cosa pensiamo. Il bello è che a Facebook diciamo tutto noi...


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